Trentatre racconti che
attraversano oltre un secolo per rendere omaggio al cinema, ai suoi sfarzi e
deliri, ai suoi miti intramontabili, alle sue tentazioni e frustrazioni.
Ciascuno è l'angolo di una immaginifica e infinita "cineteca di
Babele". Una galleria di divi colti nei loro vezzi o fragilità, dietro la
perfezione dell'immagine sullo schermo. L'Alberto Sordi di Mario Soldati,
indolente, abitudinario, timorato di Dio e delle donne. O il Marlon Brando cui
si rivolge Joyce Carol Oates in un'invettiva in versi da innamorata tradita: la
spettatrice che da ragazzina ha saltato la scuola per vedere II selvaggio non
può accettare che quell'uomo bellissimo abbia "soffocato la bellezza nel
grasso". E poi storie che hanno per protagonisti quella folla di individui
il cui nome compare al massimo nei titoli di coda: sceneggiatori, produttori,
scenografi, maestranze e figuranti alle prese col frenetico lavorio che rimane
sempre fuori dall'inquadratura ma può condurre a dare la vita per il cinema.
Gli scrittori hanno cominciato presto a fare i conti con la settima arte,
raccontandone le meraviglie e le insidie, il lato sfavillante e il lato oscuro,
come oscura e misteriosa è la sala cinematografica. E se è vero che oggi il
cinema sembra avviarsi verso una fruizione solitaria simile a quella della
lettura e viviamo nel tempo in cui la finzione dilaga nella realtà, potremo
sempre interrogarci insieme a Domenico Starnone su chi abbia deciso di abolire
la magia della parola FINE.
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