Il volume tratta di un
certo cinema popolare e di genere, prescindendo da qualsiasi considerazione
relativa al suo valore estetico, nella convinzione che abbia saputo mettere in
scena processi e cambiamenti che hanno coinvolto la società italiana in un periodo
cruciale (e culturalmente traumatico) come quello del miracolo economico. La
questione delle identità di genere, la "lotta di classe" più o meno
esplicita che passa attraverso l'esercizio della violenza simbolica in tutte le
sue forme, il difficile dialogo intergenerazionale sono solo alcuni dei
fenomeni complessi e ambivalenti che caratterizzano anni in cui il cinema
rimane il core business dell'industria culturale. Con molto meno
"talento" e consapevolezza rispetto ai grandi autori, ma spesso con
altrettanta intelligenza e precisione, figure come quelle incarnate nei vari
Lando Buzzanca o Pippo Franco, Django o Terence Hill e Bud Spencer, Ercole,
Sandokan o Fantozzi hanno saputo fornire specchi fedeli e deformanti al
contempo, sui quali modellare - con effetti positivi o negativi, a seconda dei
casi o dei punti di vista - la forma dei nuovi stili di vita che il benessere
aveva reso finalmente disponibili.
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